DTX-DIGITAL THERAPEUTICS: COSA SONO E COME FUNZIONANO I FARMACI E LE TERAPIE DIGITALI
I protocolli di cura si evolvono e usano i digital devices per migliorare l’outcome a lungo termine
DTx: cos’è un farmaco virtuale?
Diabete, depressione, ipertensione, obesità, dipendenze e tante altre condizioni croniche o che prevedono lunghe terapie sono curabili con i DTx (digital therapeutics), letteralmente farmaci virtuali. Ma cosa sono? Come facilmente intuibile, non medicinali in senso stretto, ma neppure semplici timeline che ricordano al paziente quando assumere il farmaco “vero”. Niente di già conosciuto ma una piccola rivoluzione digitale che va a rinforzare i protocolli terapeutici sfruttando la tecnologia dell’AI applicata ai supporti digitali. I DTX sono una nuova categoria di software da installare su smartphone, tablet o wereable devices, che seguono il paziente giornalmente con indicazioni e strategie di comportamento studiate per la sua patologia.
Ciascuna applicazione può essere abbinata a sensori digitali progettati per rilevare parametri fisici specifici da misurare prima o dopo aver assunto i farmaci previsti nel piano terapeutico del paziente. Alcuni DTx sfruttano il potere suggestivo dei videogames, utili a stimolare un reset di schemi comportamentali dannosi o autolesionisti, come accade nelle dipendenze da cibo, alcool, sostanze stupefacenti ecc.
In altri casi, avremo app che forniscono consigli pratici per migliorare la qualità della vita di chi soffra di patologie croniche impattanti, da integrare alla terapia farmacologica puntualmente monitorata dallo stesso software. Inoltre, i digital therapeutics permettono di inviare al proprio medico di riferimento dati e informazioni sullo stato fisico e/o psico-emotivo ricavate tramite strumenti (test, questionari, analisi ecc.) per l’autovalutazione (e-Pros) e lo screening di sintomi e valori.
DTx: principi attivi ed eccipienti “virtuali”
I farmaci che assumiamo sotto forma di pillole, gocce, supposte, iniezioni ecc., sono per lo più composti da un principio attivo chimico o biologico, e da eccipienti. Il primo è la sostanza curativa vera e propria, i secondi vengono aggiunti al principio attivo per renderlo assimilabile dall’organismo. Cosa accade, invece, nel farmaco digitale? Più o meno lo stesso, solo che il principio attivo è costituito dal software realmente terapeutico, mentre gli eccipienti sono le funzioni che rendono il software digitalmente biodisponibile, ovvero fungibile.
Facciamo un esempio: molti digital therapeutics si basano sulla terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per la cura delle dipendenze e come supporto psicologico nel trattamento di patologie croniche. La sequenza di attività e di “giochi” che il software del DTx propone sono il principio curativo, digitalmente attivo. Affinché il paziente aderisca integralmente e con impegno alla terapia digitale, occorre confezionarla in modo accattivante e intuitivo. E questo è il compito degli eccipienti digitali, come, ad esempio, l’assistente virtuale che guida il paziente durante il suo percorso di cura, facilitandogli il compito.
DTx e validazione medica
La vera novità rappresentata dai digital therapeutics è la loro sicurezza clinica. Per poter essere utilizzati dai pazienti devono essere stati validati dalle agenzie del farmaco accreditate (FDA, EMA, AIFA) o dalle associazioni degli specialisti, in base a studi scientifici rigorosi che ne abbiano decretato l’efficacia terapeutica, e infine prescritti dal medico come qualunque altro farmaco. I DTx sono a tutti gli effetti omologabili a trattamenti farmacologici e terapeutici tradizionali, cui, peraltro, devono essere associati. Proprio come i principi attivi dei medicinali hanno una loro precisa prescrittività, così accade per i digital therapeutics, ciascuno dei quali è stato studiato per la cura di specifiche patologie e personalizzato sul paziente. Per questo i DTx sono sturtup mediche estremamente sofisticate, in grado di modularsi sulle esigenze del singolo meglio di una terapia tradizionale.
DTx: l’esempio del diabete
Malattia cronica molto diffusa – si stimano circa 400 milioni di diabetici nel mondo, con trend in crescita – il diabete è stata una delle prime patologie ad inserire i DTx nei protocolli di cura. Le app disponibili e validate dalla FDA (Agenzia del farmaco americana) o dalle associazioni dei diabetologi sono diverse, a seconda del profilo del paziente e dello scopo da perseguire. Alcuni DTx sono pensati per il paziente in pre-diabete, al fine di scongiurare lo sviluppo conclamato della malattia con suggerimenti dietetici e di fitness personalizzati. Le app dedicate, invece, al paziente con diabete mellito di tipo 1 insulino-dipendente, si basano sul monitoraggio degli indici glicemici attraverso appositi dispositivi e sensori, alcuni dei quali impiantabili come i GCM (Continuous Glucose Monitoring).
Tali rilevatori sono collegati con wereable devices (letteralmente “indossabili”) o smartphone in grado, tramite apposito software, di elaborare i dati inserendoli nella cartella clinica del paziente in tempo reale. Non solo, ogni app fornisce terapie digitalmente guidate che basandosi sulle rilevazioni glicemiche giornaliere suggeriscono al paziente le dosi di insulina da iniettare, cosa mangiare e quante calorie assumere.
Perché investire nei DTx è un’occasione irrinunciabile
Per ragioni etiche ed economiche. Le terapie digitalmente guidate sono sicure, efficaci, aumentano la compliance del paziente alle cure e consentono un risparmio di tempo e di soldi sia per chi le prescrive (e di riflesso per il sistema sanitario) che per chi le segue. Un po’ come avere un councelor sanitario a disposizione h24. I digital therapeutics rappresentano una scommessa già vinta per il sistema salute. Una realtà con enormi potenzialità di sviluppo e di applicazione, che lungi dall’essere solo virtuale, supporta e in parte sostituisce i protocolli terapeutici convenzionali. Siamo ormai abituati a sfruttare le tecnologie digitali per migliorare la nostra vita di ogni giorno, nel lavoro, nell’istruzione, nel tempo libero. Perché non nella salute, che, anzi, dovrebbe essere il primo campo sperimentale dell’AI?
Vanni Vischi
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