IL GAMING NELLA MEDICINA DIGITALE: SI PUÒ USARE UN VIDEOGIOCO COME TERAPIA?
La cura come un gioco, e viceversa: gamification e digital health
La nuova frontiera dei videogames: da causa di dipendenza a strumento di cura
Gli appassionati di videogames di ogni età sanno quanto questi “innocenti” giochi interattivi possano trasformarsi in una droga, tanto da essere considerati una delle possibili cause di dipendenza patologica soprattutto tra i teenagers. In genere, infatti, la loro struttura è a più livelli, con gradi di difficoltà crescenti che spingono chi si cimenta ad ingaggiare una sfida con se stesso. Una sfida talmente appassionante da non poter essere interrotta se non dopo ore di concentrazione totalizzante. Risultato? Confusione, stanchezza mentale, cali di pressione, mal di testa, vista annebbiata, e, nei casi estremi, persino crisi convulsive. Ebbene sì, il nostro cervello, dopo troppa sollecitazione sensorial-neurologica, può andare in tilt. E allora come mai, proprio i tanto vituperati videogames, sono oggi considerati degli strumenti di cura veri e propri? Inserita all’interno dei DTx (Digital Therapeutics), la gamification, rappresenta una nuova modalità di utilizzo delle caratteristiche tipiche del videogioco con finalità mediche, tra cui:
- Stimolare l’engagement del paziente al suo percorso di cura, ad esempio nel malato oncologico, o in chi sia affetto da patologie croniche
- Modificare in modo facile e, appunto, giocoso, un comportamento patologico come accade in chi soffra di sindrome ossessivo-compulsiva o sia vittima di dipendenze
- Migliorare l’outcome e l’aderenza alle terapie riabilitative sia di tipo motorio che neuro-cognitivo
- Aiutare l’apprendimento nel bambini con sindromi autistiche, da iperattività e deficit di attenzione (ADHD), e dislessici
Ma come funziona un videogame terapeutico? Quali sono le differenze con il videogioco classico?
Il caso di EndeavorX, il primo videogioco approvato ufficialmente dalla FDA
Il 15 giugno 2020 la FDA (Agenzia del farmaco USA), ha ufficialmente approvato l’uso di un videogame a scopo terapeutico nel trattamento della sindrome da iperattività e deficit di attenzione (ADHD) nei bambini/e tra gli 8 e i 12 anni. Si tratta della prima volta in assoluto per uno strumento ludico digitale. Il videogioco in questione si chiama EndeavorX, è prodotto dalla Akili interactive, ed è solo in apparenza un videogame come gli altri. Il suo scopo è quello di stimolare in modo spontaneo la capacità di concentrazione del giocatore, al quale viene chiesto di immedesimarsi in un avatar che si muove all’interno un mondo alieno. A bordo di un’astronave, dovrà individuare una serie di obiettivi da raggiungere riuscendo nello stesso tempo a “schivare” ostacoli che cercano di invadere la sua traiettoria. Uno schema classico, se vogliamo, ma che già intuitivamente ci fa capire come possa aiutare un bambino con deficit di attenzione a restare “ancorato” al compito da svolgere, senza distrarsi. Un bell’allenamento per la mente, facilitato da grafiche accattivanti e immersive. Funziona EndeavorX ?
Evidentemente sì, del resto è più facile indurre un bambino a giocare, che non a fare i compiti! La FDA ha infatti validato il videogame, inserendolo a pieno titolo tra i DTx, dopo averlo testato su un campione di 600 bambini/e riscontrando miglioramenti considerevoli nella capacità di attenzione attraverso strumenti di valutazione internazionali tra cui il test TOVA (Test of Variabiles of Attention). Va altresì precisato che sono state rilevate (poche, percentualmente) reazioni avverse al videogame, per lo più compatibili con i sintomi della sindrome da ADHD: aumento dell’aggressività, frustrazione, confusione, mal di testa. Del resto, quale farmaco ha un bugiardino privo di controindicazioni ed effetti collaterali?
Non solo bambini: i videogames come cura per gli adulti con malattie croniche
Pochi adulti ammetterebbero intenzionalmente di divertirsi con i videogame e di considerarli i loro passatempi preferiti, eppure questi sofisticati giochi di intrattenimento sono pensati spesso più per i “grandi” che non per i piccini. La logica ci porta quindi al passo successivo: la progettazione di videogames terapeutici per gli adulti. Un caso particolare e interessante è quello del gaming usato per migliorare l’engagement del paziente diabetico. Come tutte le malattie croniche, anche il diabete comporta una certa difficoltà nell’aderenza alle cure, che possono essere percepite come un peso non sempre commisurato al beneficio.
Attraverso il videogame, però, il paziente può iniziare un percorso che simula la sua routine giornaliera fatta di noiosi compiti legati alla malattia (misurazioni della glicemia, conta delle calorie, orari delle iniezioni di insulina ecc.), e “trasformarli” in una divertente sfida con tanto di premi per ogni traguardo raggiunto. Il gaming aiuta il paziente a gestire il suo percorso di cura quotidiano in modo più leggero, divertente e stimolante. La competizione migliora la performance, e questa è senza dubbio una motivazione più che valida per considerare anche un videogioco come parte integrante di una cura a lungo termine (o a vita), stressante per definizione.
Stesso discorso per il gaming applicato alle terapie riabilitative, dove gli esercizi giornalieri assumono la grandiosità della imprese di un Superman o di una Wonder Woman. “Vincere”, allora, rappresenta la concreta capacità di ciascuno di noi di diventare eroe della propria salute, e anche questa, se vogliamo, è un’idea “vincente” da applicare alla vita di ogni giorno. Giocando tutto diventa più facile ma, anche più epico e coraggioso!
Ansia e stress: i videogames come terapia nei disturbi dell’umore
Il gaming viene efficacemente sperimentato per malattie importanti, come il cancro nei bambini e nei teenager, aiutandoli a vivere con più positività le cure a cui devono sottoporsi. Ma può anche adattarsi a terapia dei più comuni disturbi dell’umore quali ansia generalizzata, insonnia e stress. Il 2020 è stato un anno devastante per tutti sotto il profilo emozionale. La pandemia ha intaccato in modo sostanziale il nostro senso di sicurezza e la perdita dei contatti sociali ci ha reso soli e fragili. La buona notizia è che esistono videogames, studiati apposta da neuro scienziati, per migliorare il nostro benessere interiore e aiutarci nella gestione di ansia e stress. Si tratta, per lo più di app che ci presentano una serie di compiti da completare giorno dopo giorno, configurati in base al nostro profilo personale. Come a dire: gioca che ti passa!
Vanni Vischi
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