LA RIVOLUZIONE SANITARIA DEI DIGITAL THERAPEUTICS TRA PROMESSE E REALTÀ
Sempre più studi clinici dimostrano l’efficacia delle terapie digitali nella gestione di patologie croniche, nella cura di dipendenze e malattie mentali. Il 2022 sarà l’anno dei DTx anche in Italia?
DIGITAL THERAPEUTICS: L’ALGORITMO CHE CURA
I digital therapeutics (DTx), terapie digitali in italiano, rappresentano una delle più promettenti innovazioni della telemedicina. Un rivoluzionario strumento sanitario che ridefinisce il concetto di cura domiciliare, riuscendo a plasmarsi intorno alle esigenze del singolo paziente e dei suoi (eventuali) caregiver, e non il contrario, come accade nella maggior parte dei protocolli standard. Schematizzando, i DTx:
- Sono terapie mediche validate scientificamente attraverso studi clinici randomizzati, esattamente come qualunque altra terapia tradizionale (farmacologica e non), e pertanto autorizzate da organismi di controllo nazionali e internazionali, come la FDA (Food and Drug Administration americana)
- Vengono somministrate ai pazienti solo dietro prescrizione medica
- In molti Paesi, tra cui USA, Francia, Gran Bretagna e Germania, sono equiparate alle cure tradizionali e come tali rimborsabili dai Sistemi sanitari nazionali o dalle Compagnie di Assicurazione sanitaria
- Si assumono attraverso dispositivi digitali sotto forma di videogames, app, programmi di Realtà Virtuale o aumentata. Alcuni Dtx funzionano con tools indossabili.
Queste qualifiche dei DTX ci dicono in realtà ben poco se non siamo addetti ai lavori. Di fatto stiamo parlando di protocolli terapeutici personalizzabili che agiscono modificando i comportamenti del paziente attraverso principi attivi informatici, ovvero gli algoritmi. Un DTx è di fatto un software progettato per aiutare il paziente a gestire la sua patologia nella vita di ogni giorno e in tal modo migliorarne la prognosi. Ogni DTx – proprio come qualsiasi farmaco tradizionale – ha propri eccipienti, che servono per facilitare la sua assimilazione e l’adesione alla terapia. Un esempio? Gli assistenti digitali, che supportano i pazienti con consigli, indicazioni, suggerimenti e promemoria.
STUDI CLINICI RANDOMIZZATI PER LA VALIDAZIONE DEI DTX
La principale perplessità che coglie chi si accosta all’idea di curarsi con una terapia digitale, è la sua validità medica. Cosa differenzia un “vero” Dtx da una semplice app di consigli di salute e benessere? Quando un medico ci prescrive un farmaco con regolare ricetta, infatti, sappiamo di dover andare in una farmacia, e di dover ritirare un articolo sanitario che prima di essere immesso in commercio è passato attraverso una rigida trafila di sperimentazioni cliniche suddivise in fasi che coinvolgono campioni numericamente crescenti di partecipanti volontari.
In ogni fase si effettua un attento e regolare monitoraggio degli affetti avversi e delle reazioni anomale (farmacovigilanza), in modo da poter avere dati a sufficienza sia per perfezionare la formula, che per stabilire a chi, e perché, il farmaco o la cura siano sconsigliati. Questo metodo di sperimentazione è valido a livello internazionale, e la supervisione delle diverse fasi viene documentata e condivisa in modo trasparente attraverso studi clinici pubblicati su riviste di settore. Discorso valido anche per una terapia digitale? Naturalmente sì. Anche se può sembrare bizzarro, in realtà tutti i DTx finora autorizzati dagli organismi di controllo internazionali lo sono stati in virtù dell’efficacia riscontrata durante i trial e descritta negli studi clinici relativi. La parola chiave, in questo caso, è: randomizzato. Cosa significa? Nei trial per la sperimentazione di farmaci o terapie indica la modalità di selezione del campione che partecipa allo studio, solitamente suddiviso in due o più gruppi di confronto. Un gruppo assume effettivamente il farmaco o segue il trattamento terapeutico di cui si vuole provare l’efficacia, l’altro, invece un placebo o altro tipo di cura. Random significa casuale, pertanto uno studio controllato randomizzato si affida a specifici programmi informatici che in modo fortuito (appunto) collocano all’interno dei gruppi i pazienti coinvolti nello studio in questione. Solo con questo sistema è possibile capire se una cura “funziona” davvero per tutti, e non solo per determinate categorie di pazienti/partecipanti e soprattutto senza condizionamenti di sorta.
LE PATOLOGIE IN CUI I DTX SI APPLICANO CON SUCCESSO
Forse ancora non è chiaro come, esattamente, funzionano le terapie digitali. Per capirlo proviamo a parlare di principio attivo farmacologico Vs principio attivo digitale, per rilevare le differenze. Un principio attivo farmacologico – in genere una molecola di sintesi chimica – agisce sulla fisiologia del nostro organismo in modo da indurre un miglioramento delle condizioni generali, il superamento di un disagio, l’alleviamento di un dolore e via discorrendo. Funziona entrando nel corpo e andando a “lavorare” sulla sua biologia, indipendentemente dalla volontà del paziente.
Un principio attivo digitale, invece, opera indirettamente sul piano mentale e fisico, andando ad interferire con le modalità di comportamento del paziente e con la sua percezione di realtà, sì da creare nuovi e più salutari pattern. Possiamo immaginare un DTx come una forma di condizionamento “sana” volta a modificare lo stile di vita e le abitudini. È l’algoritmo che fa funzionare il Dtx, e che interagisce con il paziente fungendo da stimolatore neurosensoriale e da “motivatore” nel quotidiano sotto forma di app, di videogame, di software di realtà virtuale e aumentata. Per questo non tutte le malattie possono essere curate con le terapie digitali, ma le terapie digitali possono affiancare le cure tradizionali, migliorandone la prognosi, come accade nel caso delle terapie oncologiche e della gestione di malattie croniche come il diabete o le cardiopatie. Quali sono, invece, le condizioni patologiche che al momento si possono curare usando solo i DTx? Tutte quelle in cui è possibile riportare miglioramenti sul piano fisico andando a lavorare su quello psico-mentale ed emozionale. In questo senso, molti Dtx si basano sui paradigmi della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), utilissima nel trattamento di:
- Dipendenze di ogni tipo (dal gioco d’azzardo alle sigarette)
- Disturbi della sfera del sonno
- Disturbi d’ansia e stress-correlati
- Obesità e disturbi del comportamento alimentare
Inoltre, l’efficacia dei DTx usati come strumento di ri-educazione e adattamento ambientale è stata clinicamente dimostrata soprattutto nel trattamento di:
- Malattie mentali tra cui la depressione
- Disturbi dello spettro autistico
- Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)
Ancora non ci siamo. In Italia nessuna terapia digitale è stata formalmente autorizzata per il trattamento delle patologie correlate perché nessun organismo preposto alla sua validazione si è ancora pronunciato in tal senso. All’inizio del 2022 ancora non è partito l’iter di approvazione e inserimento di questo valido corpus di terapie tra gli strumenti utili al miglioramento della salute pubblica alla stregua di tanti altri protocolli di cura tradizionali. Come mai questa trascuratezza? Non mancano i fondi, dato che il PNRR investe con convinzione nella transizione digitale in ambito healthcare, ma manca una strategia univoca. Gli enti istituzionali che vigilano sull’autorizzazione di questi dispositivi medici – tra cui il Ministero della Salute e l’Aifa – non hanno ancora stabilito come inquadrare le terapie digitali sotto il profilo dell’applicazione pratica. Siamo quindi indietro nella regolamentazione di tutti gli aspetti burocratici che ruotano intorno all’autorizzazione di un protocollo terapeutico, in questo caso innovativo per definizione, quindi al di fuori da standard di riferimento collaudati. Quali sono questi aspetti? Innanzi tutto, quello relativo alla privacy dei pazienti. Le terapie digitali vanno inoltre prescritte dal medico, ma da quale? Il MMG e rimborsate dal SSN? In questo caso, bisogna decidere quali, tra le terapie la cui efficacia sia stata dimostrata da studi clinici randomizzati e già in applicazione all’estero, siano da privilegiare rispetto ad altre. In un prossimo futuro avremo (auspicabilmente) i DTx nei LEA, ma la strada per arrivare a questo traguardo appare (ancora una volta), in salita, a meno di accelerazioni tutto sommato non impossibili.
Vanni Vischi
Categorie
Articoli recenti
- Digital health: 5 trend del 2023
- SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE: IN SANITÀ SI PROMUOVONO LE SOLUZIONI DIGITALI
- TRIAL CLINICI DECENTRALIZZATI DA REMOTO: IL PAZIENTE AL CENTRO DELLA RICERCA CLINICA.
- SALUTE E METAVERSO: UN MONDO VIRTUALE IN SANITÀ?
- SANITÀ PIÙ SOSTENIBILE POTENZIANDO MEDICINA TERRITORIALE E DIGITALIZZAZIONE