Nell’era della sanità digitale la sfida principale è rinnovare la comunicazione tra pazienti e medici
Siamo circondati da un numero sempre maggiore di dispositivi che hanno come oggetto la promozione delle corrette abitudini di vita o il supporto della persona che deve affrontare dei problemi di salute. Il funzionamento di molti di questi strumenti si basa sulla stessa tecnologia degli smartphone consentendoci, quindi, di interagire con essi in modo naturale. Quest’aspetto li rende nuove vie di relazione con il medico curante e l’intero sistema assistenziale, consente il monitoraggio della popolazione da parte delle istituzioni sanitarie con considerevoli vantaggi in termini di prevenzione delle patologie e qualità delle cure, ma la realtà è ancora lontana da simili scenari.
Secondo un recente studio che il Pew Research Center ha concluso nel mese di Ottobre 2015, mai prima d’ora si era raggiunto un livello di coinvolgimento e attività sul web. Il 70% degli americani possiede un cellulare di ultima generazione, il 45% un tablet, e accade molto frequentemente che il tempo di navigazione aumenti dopo che si è stati dal medico.
Guardando al ruolo degli smartphone, fanno parte della nostra quotidianità ma non sono considerati come degli alleati in grado di allontanare la nostra mente dalle situazioni di stress e prenderci cura del nostro equilibrio psicofisico. L’avvento dei sensori indossabili e degli smartwatch (la cui interazione con il corpo è diretta) ha cambiato le carte in tavola circa le potenzialità della tecnologia.
Cercando di capire se vi siano dati oggettivi pro o contro il suo utilizzo, numerosi studi sono stati condotti con tipologie di pazienti che devono affrontare un percorso di cura a lungo termine (è il caso, per esempio, delle patologie croniche) arrivando a mostrare un miglioramento delle condizioni cliniche grazie all’effettivo coinvolgimento delle persone nella gestione della terapia con dispositivi mobili.
Nel caso di due disfunzioni importanti e spesso collegate tra loro come il diabete e la pressione sanguigna alta, l’utilizzo di dispositivi mobili per tenere sotto controllo il proprio regime alimentare e stimolarsi a svolgere una regolare attività fisica, ha portato a una diminuzione del rischio di malattie cardiache.
Nello specifico, questi pazienti si sono messi in gioco cercando di cambiare abitudini e avendo la possibilità di ricevere un feedback costante da parte del medico. Tra i risultati più nitidi si è registrato un aumento del consumo di frutta e verdura, una riduzione dell’assunzione di grassi e la diminuzione del tempo passato di fronte ad uno schermo (tablet, smartphone, PC o tv) a favore dell’esercizio fisico.
Un simile scenario suggerisce come questi strumenti abbiano la capacità di produrre dei cambiamenti nel comportamento e di rilevare eventuali sintomi di natura potenzialmente patologica in fase molto precoce.
La possibilità di educare le persone al controllo costante dei propri parametri vitali e alla comunicazione in tempo reale con il clinico, si rivelano leve importanti su cui puntare per rendere la medicina del futuro molto più efficace in fase preventiva.
Sull’onda di questo proposito, negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita esponenziale del numero di app mediche e con l’avvento dell’Apple Health Kit si è compiuto anche il primo passo verso l’avere una piattaforma dove convogliare i dati, condividerli con la comunità medico-scientifica.
Questo nuovo orizzonte ha dato il via a numerosi trial clinici dai quali ci si attendono risposte utili circa le sfide di salute pubblica che abbiamo oggi di fronte.
La conseguenza più immediata che questa esplosione nella produzione di app e device ha originato è una mole crescente di dati nei confronti dei quali non sappiamo cosa fare e, tantomeno, come renderli fruibili ai vari attori del panorama healthcare.
La sfida principale per i ricercatori è cercare di far un po’ d’ordine in queste informazioni, capire se e quanto siano rappresentative del nostro comportamento. In caso contrario, i faticosi tentativi di cambio delle abitudini a beneficio della nostra salute che ci vengono e verranno suggeriti potrebbero non avere alcun fondamento e scarsa efficacia.
Purtroppo gli studi ci dicono che un numero ristretto di applicativi restituisce valori e informazioni affidabili e riproducibili nel tempo, ma non si è ancora avuto il tempo di valutare le performance di tutti questi tool in modo certo. Spesso si cade vittima dell’entusiasmo facendo si che le aspettative prendano il sopravvento rispetto all’esistenza di reali prove.
Un esempio molto chiaro, però, di come un’innovazione tecnologica possa avere un impatto positivo sulla medicina cardiovascolare è l’AliveCor mobile ECG system. Ideato e sviluppato dal Dr David Albert (cardiologo e ora imprenditore), permette di misurare i parametri cardiaci utilizzando lo smartphone e generando lo stesso referto di un normale elettrocardiogramma.
I dati rilevati dallo smartphone equipaggiato con speciali elettrodi possono essere inviati al medico in modo veloce. Se oggi gli sono già di grande aiuto nel decidere i cambi di terapia, nel rendergli più facili decisioni che si trova a dover prendere in tempi rapidi e nel chiarire le eventualità in cui si debba ricorrere a un ricovero d’urgenza.
Le sorprese non finiscono qui, perché l’AliveCor è riuscita ad ottenere la validazione da parte della FDA e sta lavorando per fare uscire sul mercato, entro il 2016, una nuova versione in grado di funzionare anche sull’Apple watch. Con questa nuova prospettiva lo strumento sarà finalmente completo e in grado di assistere in modo efficace il cittadino/paziente.
L’azione congiunta dello smart watch renderà AliveCor in grado di rilevare il manifestarsi di sintomatologie lievi legate a un principio di affaticamento cardiaco. Un esempio su tutti, la fibrillazione atriale la cui natura spesso asintomatica è stata rilevata grazie alla sensibilità di AliveCor evitando complicazioni anche serie come l’infarto.
Ogni progetto ha dei risvolti inattesi, ma non per questo meno utili. È il caso della app My Heart Counts che il Dr Euan Ashley, cardiologo alla Stanford University, ha lanciato all’interno della piattaforma di condivisione Research Kit della Apple per valutare quale tra l’esercizio fisico moderato svolto ogni giorno e quello massiccio svolto a frequenza settimanale fosse migliore per la salute del cuore.
Oltre ad ottenere la risposta, i ricercatori hanno rilevato quanto l’avere cura dell’aspetto emotivo abbia un ruolo notevole nel far mantenere nel tempo il regime di attività fisica che la persona ha scelto. Il passo successivo è stato far evolvere la capacità di coaching dell’app e, fin qui, niente di strano.
Questo salto di qualità, però, ha acquisito un forte valore innovativo per gli psicologi con cui Ashley ha collaborato perché li ha fatti riflettere sull’enorme potenziale che ha il mobile nel veicolare le tecniche di persuasione e induzione al cambio di abitudine.
Sebbene sia improbabile che questa “terapia da taschino” possa essere risolutiva come i classici incontri frontali in studio, è innegabile che possa dare un grosso contributo nel riuscire a sfatare alcuni falsi miti sull’utilità del supporto psicologico, nonché aiutare a raggiungere coloro che ne hanno realmente bisogno e, spesso, non hanno tempo e soldi per affrontarlo.
Infine, ci teniamo a parlare di un’innovazione tecnologica che la Validic, un’azienda del settore bioinformatico americano, ha presentato alcuni giorni fa al CES 2016 di Las Vegas. Si chiama VitalSnap ed è in grado di far acquisire al cellulare o al tablet (senza scattare foto) le informazioni presenti sui display di dispositivi medici e non che non possono connettersi a internet.
Quest’operazione permette la raccolta e la registrazione dei dati visualizzati e consentirebbe di colmare le lacune nella condivisione delle informazioni con gli altri soggetti del mondo della salute quali medici, istituzioni sanitarie, aziende farmaceutiche, sviluppatori di app, etc.
La Validic ha come scopo riuscire a mettere in connessione, mediante VitalSnap, tutti i dispositivi medici presenti sul mercato ponendosi come magazzino di informazioni da condividere e interlocutore privilegiato per i vari attori sopra citati.
Al momento del lancio ha portato come biglietto da visita la capacità di interagire con 18 dispositivi (sia Android sia IOS) delle marche più vendute come Fitbit, Jawbone, Polar e Garmin, nonché con qualsiasi dispositivo connesso via Bluetooth a uno smartphone allargando il cerchio delle interazioni con i device non connessi.
L’augurio è che iniziative come questa, magari implementate nella direzione che porta a una più profonda comprensione e classificazione dei dati, contribuisca a ridurre sostanzialmente il gap tra le persone e chi le ha in cura.
Vanni Vischi
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