Pharma Digital trends del 2017. Tutti puntati alla personalizzazione della relazione
Digitale, non c’è dubbio! Il 2017 sarà sempre più digitale e il marketing digitale occuperà una parte sempre più importante delle strategie di business aziendale nel settore farmaceutico.
Quali sono i principali drivers del marketing farmaceutico digitale nel 2017 ?
Marketing personalizzato e machine learning
Siamo arrivati al giro di boa e dopo anni in cui “automazione” andava di pari passo con “spersonalizzazione” e allontanamento del lato umano nelle attività professionali più disparate, ora l’automazione diventa uno strumento attraverso il quale la comunicazione può recuperare la sua “umanità”.
La comunicazione deve essere personale, deve riavvicinare le distanze tra chi acquista e chi vende un prodotto; deve consentire all’azienda di prendersi cura, deve essere uno strumento per comprendere e accogliere i bisogni e rispondere in modo specifico a un problema preciso. La comunicazione deve aiutare a costruire una relazione che fa sentire bene l’utente. In altre parole l’azienda deve capire con chi si sta relazionando, conoscerne il carattere, i comportamenti, le abitudini, lo stato d’animo e anche identificare i momenti della giornata in cui le sue azioni si trasformano in acquisti.
Come fare? La risposta sta nell’intelligenza artificiale e nel machine learning. Ogni cosa nel mondo digitale produce dati. Come afferma Rob Farrell del Digital Marketing Institute:
«È arrivato il momento di raccogliere i dati, di elaborarli e di utilizzarli per costruire delle strategie di marketing mirate. Le aziende devono investire in sistemi e personale specializzato capace di utilizzare al meglio i dati»
Intelligenza artificiale e machine learning, attraverso algoritmi e automazioni, devono favorire la creazione di un marketing sempre più personalizzato, capace di “inviare il messaggio giusto, alla persona giusta, nel momento e nel modo giusto”!
Quali dati possono diventare bisogni soddisfatti e un’azione di marketing mirata?
Eccone qualche esempio:
- la temporalità delle azioni – es. l’orario preferito di lettura di un certo contenuto o di apertura di un’email,
- la preferenza del contenuto – es. lettura di articoli rilassanti durante la pausa pranzo,
- durata dei beni di consumo – es. all’avvicinarsi della data di scadenza di un bene acquistato posso proporre la sua sostituzione in anticipo o mostrare prodotti di supporto,
- preferenza di acquisto – es. riproporre la modalità di pagamento utilizzata al precedente acquisto,
- tipo di canale per l’assistenza – es. chat, centralino telefonico, email…
- geolocalizzazione -es offerta di un prodotto nel momento in cui ci si trova in un certo posto.
CHATBOT
Il 2017 vedrà la crescita delle chatbot, ufficialmente arrivate alla ribalta lo scorso 12 aprile quando Mark Zuckerberg ha lanciato la chatbot per Messanger di Facebook. In realtà già qualche tempo prima, Telegram e CNN avevano introdotto l’utilizzo dei bot, ma Messanger, con i suoi 900 milioni di utenti in tutto il mondo, ha sicuramente favorito l’apertura del mercato e portato le aziende ad interessarsi a questa realtà.
In un articolo pubblicato da The Guardian le chatbot sono “programmi che imitano le conversazioni con persone reali utilizzando l’intelligenza artificiale. Le chatbot trasformano il modo in cui si interagisce con il web”.
Secondo BI Intelligence la “bot revolution” è appena iniziata, ma sono in molti a credere che il 2017 sarà l’anno nel quale si affermerà pienamente, perché le applicazioni per scambiarsi messaggi (Whatsapp, Telegram, Slack, Messanger) piacciono a tutti. Secondo i dati più recenti, circa 2,5 miliardi di persone utilizzano almeno un’applicazione di messaggistica istantanea e trascorrono il 90% del tempo online sul loro smartphone tra email e piattaforme di messaggistica.
Cosa si può o si potrà fare con una CHATBOT?
- Ricevere informazioni – possiamo immaginarlo come un Feed Reader che consente di far atterrare le notizie direttamente nella chat di messaggistica. Gli esempi disponibili sono già davvero numerosi, tra questi cito techcrunch.com, il cui bot modifica il tipo di notizie da proporre in base alla preferenza dell’utente (tap).
- Fare acquisti
- Ricevere assistenza, parlare direttamente con l’azienda (un esempio recentissimo è la Vodafone bot). Uno studio commissionato da OneReach (leggi qui i risultati dello studio) rivela che il 64% dei clienti preferirebbe scrivere un messaggio piuttosto che chiamare un’azienda, e il 44% di essi preferirebbe poter iniziare subito una conversazione scritta istantanea invece di parlare con un operatore.
Sono diversi gli aspetti da chiarire e da migliorare, come la modulazione del tono della conversazione o la possibilità per l’utente di utilizzare un linguaggio naturale nella comunicazione, ma certamente le chatbot rappresentano un’opportunità per le aziende da non perdere!
MICROinfluenzer
L’epoca dei grandi influenzer sembra finito, mentre si fanno largo i MICROinfluenzer.
Gli influenzer sono persone, spesso famose, in grado di raggiungere un ampio/ampissimo numero di contatti (reach elevato).
I microinfluenzer sono persone NON famose, ma che lavorano in modo appassionato in un certo ambito o che hanno una profonda conoscenza in qualcosa. Sono persone che credono in quello che fanno, sono autentiche, esperte e per questo ritenute credibili. I loro followers (in genere meno sotto il migliaio) si fidano.
I micro-influenzer hanno un‘alta capacità di engagement (like rate 8%) scrive Yuyu Chen su Digiday. Per questo risultano figure molto interessanti per il markerting.
Ecco alcuni vantaggi dei micro-influenzer secondo lo studio condotto da Jonah Berger della Wharton School of University of Pennsylvania e dal Keller Fay Group per Expercity:
- i micro-influenzer ogni settimana intrattengono un numero più elevato (+22,2%) di conversazioni con la community riguardo a un prodotto o un brand, con riferimenti o raccomandazioni esplicite all’acquisto.
- nell’82% dei casi le raccomandazioni suggerite dai microinfluenzer sono apprezzate e seguite dai followers
- nell’87% dei casi le raccomandazioni sono veicolate direttamente (relazione personale) non solo attraverso i social media
- i micro-influenzer sono considerati credibili e affidabili (94%), esperti (94%) e capaci di spiegare come funziona o come si usa un prodotto.
Ricerca vocale, Search Assistant
Presenti già da un paio di anni, i sistemi di ricerca e dettatura vocale si stanno imponendo tra gli utenti digitali. Apple Siri, Google Now, Amazon Lexa, Cortana di Microsoft ed ora Google Assistant sono solo alcuni esempi di quelli che possiamo definire dei veri e propri assistenti digitali che ci seguono e ci aiutano nelle richieste.
Il trend in crescita, allineato con quello dell’uso degli smartphone rispetto ad altri dispositivi elettronici, rivela ancora una volta la ricerca di un’interazione diretta e “personale” tra utenti e intelligenza artificiale per soddisfare bisogni ben precisi (dalla ricerca di un numero di telefono, a quella di un ristorante fino all’aiuto nei compiti scolastici e nel lavoro).
Il passaggio dalla tastiera alla voce implica un cambiamento nella modalità di interazione e nel tipo di linguaggio utilizzato. Il linguaggio è più sintetico e incentrato su parole chiave (keyword) quando si scrive, mentre quando si detta si tende a utilizzare un linguaggio più vicino a quello naturale, con frasi complete di tutte le informazioni necessarie a specificare quello che si sta cercando e formulate come vere e proprie domande (uso di pronomi e avverbi tipici delle domande- Chi, Cosa, Quando, Dove, Quanto, Perché, Come…).
Ricerca vocale e SEO?
Visto il trend, ci si aspetta che per dare la giusta visibilità online a prodotti e brand non basterà identificare e sfruttare le keyword migliori, ma anche umanizzare i contenuti, ovvero inserendo
- frasi che rispecchiano il linguaggio naturale,
- paragrafi impostati come Domande e Risposta.
Native Advertising
Sono sempre più diffusi e utilizzati i sistemi che permettono agli utenti di filtrare alcuni elementi della pagina, come le pubblicità online che spesso intasano la navigazione (ADBlock). La risposta ai sistemi di blocco della pubblicità “invasiva” è il native advertising, destinato a crescere del 156% nei prossimi 5 anni. Il settore nel 2020 varrà 13,2 miliari e rappresenterà il 52% dell’intero mercato della pubblicità display in Europa, secondo uno studio ‘Native Advertising in Europe to 2020’ di Yahoo e Enders Analysis.
La maggior parte degli investimenti in native advertising sarà sulle piattaforme mobile con una previsione di spesa pari a 8,8 milioni di euro in Europa entro il 2020 – quasi sei volte l’attuale valore di 1,5 milioni spesi durante il 2015.
L’aumento della fruizione dei contenuti attraverso i canali sociali sarà uno dei principali driver di questa crescita, con un incremento pari al 300% nel native social network advertising entro il 2020.
Cos’è il native advertising
Il native adertising è un contenuto sponsorizzato promosso e visualizzato all’interno dei contenuti dei lettori. Diversamente dalla pubblicità tradizionale che ha l’obiettivo di distrarre il lettore dal contenuto in modo da comunicare il messaggio, il native advertising “immerge” la pubblicità dentro il contesto. Ecco alcune caratteristiche della pubblicità nativa:
- il suo obiettivo non è solo attrarre l’attenzione dell’utente, ma creare engagement (l’utente che legge il contenuto è davvero interessato e quindi disposto ad agire
- non interrompe e non è invasiva, perchè il messaggio pubblicitario ha le stesse sembianze del contenuto e ne diventa parte
- il contenuto e i messaggi pubblicitari si fondono all’interno del contesto editoriale; ne sono un esempio i True View di YouTube (se non sai cosa sono, leggi qui) i Tweet sponsorizzati o i post sponsorizzati di Facebook.
A questi che possiamo considerare megatrends, si aggiungono i video, il mobile market, il responsive design.
Continua a seguirci!
Vanni Vischi
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