Farmacovigilanza 2.0 ai tempi di facebook e dei social network
Com’è cambiata e cosa diventerà la farmacovigilanza nell’era dei social network? E come si possono tutelare le Aziende Farmaceutiche?
Internet e i social network hanno portato negli ultimi anni ad un cambiamento rivoluzionario nel modo in cui le persone si scambiano le informazioni, anche quando al centro degli argomenti discussi ci sono proprio loro: i farmaci. Le piattaforme web, le applicazioni, i social media, i sistemi di messaggistica, ecc. stanno rapidamente diventando la forma di comunicazione elettiva nell’era della salute Web 2.0, luoghi in cui i pazienti e i caregivers si notiziano su tutta una mole di dati riguardanti questo o quel farmaco, discutono di posologie, commentano e si confrontano sugli specialisti e i centri di cura e, cosa estremamente interessante e innovativa, dibattono sulle reazioni avverse delle terapie contribuendo involontariamente a segnare il futuro di questa particolare area: la farmacovigilanza.
A questo specifico punto del percorso evolutivo plasmato da Internet la domanda chiave è la seguente: l’utilizzo dei social media può contribuire a generare un radicale cambiamento nelle attività della farmacovigilanza così come le abbiamo sempre conosciute? La risposta è semplice, ed è “Sì”, il come questo avverrà, però, non è altrettanto chiaro.
Già da qualche anno i media digitali e social media sono utilizzati dalle aziende per la comunicazione con i pazienti, i caregivers, le associazioni, per creare consapevolezza su patologie e per favorire i processi collegati alla prevenzione e alla diagnosi precoce. In particolare, le conversazioni sui social network sono già oggetto di studi di monitoraggio da parte delle grandi aziende farmaceutiche che ormai di prassi, grazie all’ampia gamma di strumenti informatici a disposizione, cercano di “ascoltare” la rete cercando di ottenere informazioni riguardo i propri brand o anche quelli dei diretti competitors. Da questo punto di vista, l’avvento del mondo social rappresenta una grande opportunità per le aziende farmaceutiche che – a differenza del passato – oggi possono contare su una montagna di dati riportati direttamente dai pazienti e, più in generale, che possono avvalersi di uno strumento di sceening sul campo dei big data. Ma c’è molto altro: i social media non consentono soltanto di ottenere una fotografia più vasta sugli eventi avversi conosciuti o di fare esplorazioni indirizzate a individuarne di nuovi, ciò che queste fitte trame di conversazioni tra pazienti consentono di fare è di entrare direttamente in contatto con loro, con i pazienti e i loro vissuti, aprendo un canale ancora poco esplorato con il quale, le aziende farmaceutiche e più in generale i professionisti del settore dovranno presto fare i conti per affrontare e governare questa nuova evoluzione della farmacovigilanza. Tuttavia, a differenza di altre aree nel settore sanitario, l’uso di Internet e dei social media nello specifico scenario della farmacovigilanza ad oggi non sembra aver maturato un’evoluzione così degna di nota. Sebbene questo passaggio sia stato normato dal legislatore in ambito europeo e recepito in ambito nazionale, e benché questo quadro sia ormai chiaro sia in termini di opportunità sia in termini di minacce, la farmacovigilanza 2.0 sembra progredita più lentamente rispetto ad altri comparti del medesimo settore. Le Guideline on Good Pharmacovigilance Practices (GVP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali hanno introdotto l’obbligo per i titolari di AIC di eseguire con cadenza regolare lo screening dei social media sotto il proprio controllo o responsabilità alla ricerca di potenziali segnalazioni di reazioni avverse da notificare alle Autorità Regolatorie. Ciò che non è ancora del tutto chiaro è quali siano gli strumenti più idonei a gestire e certificare il processo di monitoring attivo della rete. In buona sostanza, di cosa deve dotarsi un’azienda farmaceutica per ottemperare ai termini di legge e costruire – al contempo – un servizio utile non solo alla cittadinanza ma anche alla stessa azienda?
Dato per acclarato che i social network rappresentano una fonte promettente e illimitata di informazioni sulla sicurezza, è importante tener presente che questi dati sono essenzialmente dati non strutturati; ottenuti cioè attraverso processi incontrollati e non governati, maturati in ambienti non regolamentati e non ovviamente guidati da standard di qualità. La grande quantità e varietà di informazioni ottenute tramite i social media, nonché l’intrinseca natura in rapida evoluzione, configurano quindi una criticità tipica dei big data: ovvero la difficoltà di una lettura omogenea da affiancare e integrare alle fonti standard (come la segnalazione via e-mail o hotline del medico di dato farmaco, ad esempio). L’uso appropriato di Internet e dei social media – finalizzato a “sorvegliare” la real life dei pazienti con strumenti dedicati di monitoring digitale in grado di individuare eventuali eventi avversi segnalati online dai pazienti – , è certamente un passaggio obbligato nella trasformazione della farmacovigilanza.
Tuttavia sono ancora molte le domande che cercano risposte adeguate; come ad esempio: qual è il limite della responsabilità del settore nella raccolta e nella revisione dei dati sui social media? Quali strumenti e metodi potrebbero essere utilizzati per acquisire report spontanei dai social media o dalle app mobili e fornire segnali di sicurezza in tempo reale? In che modo i team aziendali dedicati alla farmacovigilanza possono confermare “l’autenticità” della segnalazioni ottenute tramite i social? Quali sono i protocolli per l’integrazione dei big data, l’analisi e l’interpretazione e la segnalazione dei risultati di follow-up? Per far sì che l’industria possa sentirsi a proprio agio con le procedure di raccolta e di utilizzo dei dati social finalizzato a garantire la sicurezza dei farmaci, queste domande devono trovare delle risposte. Per ora, i metodi di sorveglianza tradizionali non perderanno certo il loro ruolo da protagonisti, questo è certo, tuttavia i vantaggi offerti dai social media sembrano superare di gran lunga i rischi percepiti: su questa base sembra sia giunto il momento di guardare all’osservazione sistematica dei social media con un taglio più strategico e di avviare una serie di azioni per strutturare modelli, processi e tecnologie al servizio della farmacovigilanza digitale.
Esistono già delle soluzioni tecnologiche di monitoraggio e di certificazione degli ambienti social sviluppate da agenzie di consulenza per il mondo farmaceutico, come ad esempio Adverse Drug Reaction Monitor creata da UpValue. Una piattaforma di checking degli ambienti social che consente alle aziende non solo un rapido ed immediato accesso ai commenti dei propri profili social ma anche, e soprattutto, la possibilità di registrare l’effettivo controllo delle pagine attraverso un registro eventi dei processi di monitoring grazie ai file di log. Attraverso tecnologie proprietarie, la piattaforma di Upvalue si interfaccia agli ambienti social attivati per permettere l’accesso ai dati dei propri account (nel rispetto della loro privacy). Il data storage tutela l’azienda farmaceutica dall’eventuale cancellazione dal Social Network di quei post/commenti considerati meritevoli di segnalazione. L’attività di screening viene registrata indipendentemente dal verificarsi di un evento da segnalare e questo garantisce la creazione di un archivio storico che certifica in modo incontestabile il reale controllo sugli ambienti social di proprietà.
Insomma, le farmasentinelle del futuro sono potenzialmente già attive e pronte a dare il loro contributo alla salute della collettività ma anche all’evoluzione sistemica delle aziende farmaceutiche in termini di sorveglianza attiva e proattiva per la sicurezza dei propri farmaci.
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Vanni Vischi
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